Già chitarrista del combo scozzese Strangeways, autori di un buon AOR, Ian James Stewart ha realizzato alcune prove soliste per dare sfogo alla propria creatività senza muri o castrazioni. Questo Junk Dna è la sua nuova fatica atta a testimoniare produttività e varietà di influenze e gusti. 13 tracce, che spaziano in ambiti musicali disparati, tutti trattati con una maturità notevole e con derive nitide in chiave pop, ambient, new age, rock e soft jazz. Insomma è meglio chiarirlo subito, questa è una release inclassificabile come genere, non adatta al classico rocker che vuole chitarre a manetta, urla titaniche e batterie tuonanti, qui serve una mente aperta per apprezzare gli sforzi del nostro.
Eppure l’inizio della opener- title track mostra una sei corde cazzuta e ben saturata che fa sperare in un disco hard, mentre sin dalla seconda performance, Phosphorus, bellissima e in chiave Pink Floyd dei tempi aurei, il filo di arianna del disco, gira per numerose stanze provocando emozioni diverse e contrastanti, di pezzo in pezzo. Big White Monkey vira senza problemi verso sonorità southern rock ardenti e audaci, stoppate subito dopo da una soffice atmosfera pop regalata dalla seguente One More Time, ove appare una chitarra tremolante e sanguigna che emette suggestioni. Path Of Lightening è ricetta derivata pari pari da influenze alla Dire Straits senza cercare di inventare sperimentalismi o stramberie varie, qui lo strumento sale in cattedra e affresca amorevolezze e acidità nel corso del timing, mentre - della serie che dobbiamo attenderci ora?- Charlie Parker si cimenta nel jazz raffinato da luci soffuse e scotch sul tavolino, e infine So Far So Good richiama alla mente delle vocalità alla Tears For Fears, duo che io adoro da sempre, per far riecheggiare una semi-ballad pianistica che tocca corde delicate e zuccherate. No Water si presenta come un rock ombroso ed ossessivo, Heaven Knows è nuovamente Dire Straits all’ennesima potenza, If This Is Life pesca ancora dai meandri dei grandi Pink dal “fluido” con cori e soluzioni melodiche intriganti, effettistica varia e un solo guitar da brividi. Sigilla il platter When U Love Somebody, jazz che flirta con lo strato dark di Ian e Slow Burn Dance, suite chitarristica lenta con flavour alla Mark Knopfler che chiude i giochi.
Brani eterogenei tra di loro, tutto vero, ma la qualità e il feeling dei pezzi contenuti è davvero elevato per una cifra artistica da pollice alto. Junk Dna è solo per chi sa andare oltre ai clichè e ai compartimenti stagni, chi non possiede questa apertura mental-musicale meglio stia lontano da questo dischetto ottico.